Sala degli Alambicchi

Questa sala deve il suo nome alla strumentazione per la distillazione presente in questo spazio ai tempi in cui l’Aurum era un opificio. Al centro della sala è esposta un’opera di Giulio Turcato, “Superamento”, composta da cinque sculture protese verso l’alto che si articolano nello spazio con forme armoniose, realizzata tra il 1984 e il 1985 ed esposta alla biennale di Venezia, poi concessa in comodato d’uso senza limiti di tempo proprio all’Aurum. Oggi la sala ospita celebrazioni di matrimoni civili e mostre, il cui allestimento viene reso affascinante e superbo dall’altezza delle pareti e dalla mancanza del solaio, sostituito da un grande lucernaio che opera continui giochi cromatici.

Superamento

Nel luglio del 2007, il Comune di Pescara organizza una grande mostra antologica dedicata a Turcato, ospitata in due delle più importanti sedi cittadine consacrate alla cultura: l’Aurum e il Museo Vittoria Colonna. Mentre il secondo ha accolto una serie di opere pittoriche del maestro, all’Aurum sono state esposte sette grandi tele dell’artista che andavano ad incorniciare l’opera più importante: “Superamento”. Si tratta di una scultura lignea di grandi dimensioni, costituita da cinque moduli ognuno di altezza variabile da 4.5 a 5 metri, inseriti su basi di forma irregolare dotate di ruote per facilitarne lo spostamento. Queste basi sono realizzate in modo da incastrarsi perfettamente l’una con l’altra così da formare una piattaforma di circa 20 metri quadrati. La particolarità dei cinque moduli che compongono la scultura sta nella loro energia e dinamicità, date dalle forme movimentate e proiettate verso l’alto. L’opera è concepita nel 1984, inizialmente come parte della scenografia di uno spettacolo dal titolo “Moduli in viola – Omaggio a Kandinsky”, ideato da Turcato che ne curò scene e costumi. “Superamento” rappresentava un solo modulo di questo allestimento che si ampliò quando l’opera teatrale venne messa in scena al “Festival Taormina Arte”. L’opera è inserita in un contesto artistico più ampio, espressione del concetto di “arte totale”che Turacato tanto ricerca, e che vede insieme il teatro, la danza, i costumi, la scenografia, la musica: la poetica musicale di Luciano Berio ad esempio, grande compositore italiano d’avanguardia, pioniere della musica elettronica, incontra il pensiero di Turcato creando visioni musicali che fanno fiorire voci e corpi danzanti. Questa concezione dell’arte non fa che avvicinare Turcato a Kandinsky: entrambi hanno elaborato teorie secondo cui la contemplazione dell’opera debba essere sempre accompagnata da musica, danza e ogni suono o colore produce emozioni che invadono tutti i sensi. L’opera “Superamento” viene dunque concepita in relazione all’intera rappresentazione teatrale, anche se successivamente il gruppo ligneo ha continuato a vivere indipendentemente dal resto delle scenografie pensate per “Moduli in viola”: è stata esposta nell’atrio della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma in occasione della grande mostra dedicata proprio a Turcato e successivamente nel 1989 nella personale allestita nei locali della succursale FIAT di Pescara dal titolo “Il viaggio cosmico di Giulio Turcato”. Proprio in questa sede l’opera “Superamento” assieme a “Meno tre”, una scultura alta 10 metri, è rimasta fino al 1994, quando la sede della succursale chiude. È nel luglio del 2007 che gli eredi dell’opera, nonché titolari dell’Archivio del maestro, hanno deciso di donarla in comodato d’uso gratuito a tempo interminato alla città di Pescara affinchè potesse essere esposta un uno spazio rappresentativo per la città. Proprio per questo è stato scelto l’Aurum, centro multiculturale e luogo identitario per eccellenza di Pescara, che ancora oggi custodisce questa grande scultura che svetta maestosa nella sala degli Alambicchi.

Giulio Turcato 

Giulio Turcato nasce a Mantova il 16 marzo 1912, da Carlo Turcato, Commissario del Regio Deposito dei Monopoli di Sali e Tabacchi, e da Margherita Sartorelli. Poco dopo la sua nascita i Turcato si trasferiscono da Venezia a Rizzo, in Calabria. La propensione di Turcato per gli studi da artista non ha mai entusiasmato il resto della famiglia, ma dal 1928 al 1933 frequenta l’Istituto d’Arte e in seguito completa un corso di disegno dal vero presso la Scuola libera del nudo. Nel 1934 Turcato viene convocato a Palermo per l’addestramento da ufficiale militare ma, dopo aver manifestato sintomi di tubercolosi, torna a Venezia per trascorrervi un periodo di riposo e una volta guarito comincia a lavorare come disegnatore tecnico per l’architetto Gastone Breddo. Sono questi gli anni in cui inizia ad esporre le sue opere, dapprima nell’ambito della “IV Mostra dell’Artigianato di Venezia” e successivamente a Milano, dove nel 1937 dà vita alla sua prima personale. Nel 1939 Turcato si ammala di nuovo di tubercolosi e viene ricoverato in un sanatorio a Feltre, nel Veneto, e durante questo periodo ha il tempo di riflettere sulla propria formazione artistica. Negli anni successivi imperversano gli eventi bellici, ma Turcato trova il tempo di dedicarsi alla sua arte, esponendo alla IV Quadriennale di Roma. Intanto si sviluppa un movimento di Resistenza alla guerra e, dal momento che Turcato rifiuta l’arruolamento, decide di unirsi ai combattenti della Resistenza, sfuggendo per un soffio alla cattura da parte dei nazisti. I dieci anni successivi alla guerra sono quelli in cui si sviluppano le ricerche e le tendenze dell’artista che caratterizzeranno la sua produzione: nella prima fase la sua arte è il risultato del tentativo di conciliare la fede politica con il desiderio di libertà artistica. Dopo la liberazione Turcato si stabilisce a Roma dove continua a dar vita ad un’arte “impegnata e responsabile” politicamente, riflettendo il desiderio di costituire una nuova realtà sociale. Nel 1946 la pittura di Turcato inizia a deviare dall’arte figurativa, influenzata dalle nuove scoperte pittoriche degli artisti francesi. Sono questi gli anni in cui aderisce a vari gruppi come “Art club” sostenuto anche dall’ex futurista Prampolini; “ Nuova Secessione Italiana”, associazione guidata dal critico Giuseppe Marchiori che ricerca un senso estetico comune per disfarsi dell’eredità fascista e partecipare alla ricostruzione del paese; “Manifesto del neo-cubismo” che esprime l’esigenza di rappresentare la realtà attraverso un rinnovamento del linguaggio; “Forma 1”, un gruppo che dichiara di praticare un’arte marxista e formalista. Nonostante il suo impegno politico Turcato combatte sempre per mantenere un proprio personale orientamento in pittura, anche con azioni di polemica, come l’affissione di un manifesto provocatorio la sera dell’inaugurazione di una mostra di Corrado Cagli, episodio che genera una violenta rissa fra i realisti e la Scuola astrattista romana. È nell’autunno del 1948 che il Pci assume una posizione più che mai conservatrice nei riguardi dell’arte: l’intento era di eliminare le tendenze stilistiche ritenute inaccettabili fra i comunisti. Nonostante questo Turcato mantiene la sua ferma posizione sia nella concezione artistica, sia nel suo impegno politico anche se successivamente dirà che “all’epoca avevamo sperato che i comunisti proponessero un’alternativa, invece volevano solo rappresentare il dramma cadendo nella retorica del figurativismo”. Questo atteggiamento continua, da parte di Turcato, anche negli anni successivi, deviando anche in una tendenza anti-americana che si riflette nella produzione di questo periodo. L’opera che segna la svolta definitiva nell’arte di Turcato è Ricordo di San Rocco, esposto alla XXVII nel 1954: un’opera che indica l’arrivo di nuove idee, che rigetta i precetti socialisti e sembra anticipare l’arte povera. Questo atteggiamento culmina con l’abbandono del Pci da parte di Turcato, negli anni fra il 1956 e il 1957 e solo dieci anni dopo lo stesso artista in un’intervista spiega le motivazioni che lo hanno allontanato dal partito: “ perché, a parte le considerazioni politiche, nel Pci non vi era alcuna libertà d’espressione per gli artisti […] ti dettano come devi dipingere , come devi seguire un determinato schema figurativo […] Per il Pci tutta la pittura che non si adegua a certe direttive è pittura borghese. Cioè pittura di una società marcia”. Dopo questo importante momento l’arte di Turcato si evolve verso l’astrazione, con una spietata ricerca sul colore ed inizia ad esporre in Italia e all’estero, acquistando una fama sempre maggiore che raggiunge l’apice nel 1961, quando organizza la sua personale presso il New Vision Centre di Londra. La polemica nei confronti delle correnti artistiche contemporanee però continua, e viene ribadita in un articolo scritto da Turcato per la rivista “Arte Oggi”, nel quale sostiene che “ il pericolo è pensare di sapere tutto, questo giustifica il conformismo, che equivale a pigrizia mentale”.

Negli anni successivi Turcato continua ad esporre e il suo segno pittorico evolve in varie direzioni, con sperimentazioni interessanti: inizia ad utilizzare una pittura tridimensionale, introduce nelle opere elementi esterni quali la gommapiuma, confeziona gioielli, realizza grandi sculture che svettano verso l’alto “per cercare di evadere verso uno spazio più consono alla loro natura”. La grande ecletticità di questo artista lo avvicina anche al teatro, in particolare alle scenografie e questo interesse trova la sua massima espressione nella creazione nel 1984 di Moduli in viola – Omaggio a Kandinsky, scenografia, costumi e luci di una rappresentazione messa in scena al Teatro Goldoni dal 5 al 10 giugno 1984. Siamo alla fine degli anni Ottanta quando Turcato si dedica alla ricerca di “colori che non si vedono”, dando vita a quadri visibili nell’oscurità.

Il 22 giugno 1995 Giulio Turcato muore all’età di 83 anni e durante l’elogio funebre viene ricordato come l’artista che “personificava l’anti accademia, ignorava la logica comune perché la sua mente organizzava il dubbio spontaneamente a modo suo, in ordine superiore”.

Profilo artistico

Giulio Turcato è uno dei più importanti interpreti dell’astrattismo internazionale, con un percorso artistico articolato e complesso che coinvolge vari ambiti tra cui anche la scultura e il teatro. La grandezza di Turcato sta proprio nella sua grande capacità innovativa, nella sua voglia di esplorare e superare sempre i limiti imposti dai linguaggi accademici, troppo stretti per la sua arte, deviando in un percorso originale e solitario: “la questione della modernità dettata da un <<nuovo sentire>> deve essere risolta attraverso forme del tutto nuove, al di là sia dell’idealismo sia dell’equivoco del realismo, si deve cercare nuovamente la forma” afferma lo stesso Turcato in uno scritto del 1957. Per comprendere al meglio l’opera di questo artista è fondamentale analizzare il modo in cui egli lotta per conciliare la fede politica con il desiderio di libertà artistica: la politica traspare chiaramente dall’arte di Turcato, che sviluppa maggiormente temi sociali. È un atteggiamento tipico di questi anni, quando gli artisti sono fortemente legati alla politica e alla sua propaganda attraverso opere e manifesti, ma il nostro artista lo fa con straordinaria libertà compositiva, in autonomia e con grande originalità, liberandosi dalle convenzioni accademiche.

La sua tecnica pittorica nasce da un’attenta ricerca sulla forma e il colore, e sul vibrante rapporto che da essi scaturisce, riempiendo le tele e le sculture di energia, luce e vitalità.

Lo stile pittorico di Turcato, proprio grazie al suo continuo sperimentare, subisce nel corso degli anni delle variazioni significative che lo avvicinano dapprima ad uno stile Fauve, più tardi a quello di Kandinsky: nella prima fase pittorica l’oggetto è presente nella tela come luogo in cui si sviluppa la visione, un riferimento al reale da cui viene però cancellato ogni indizio che lo riconduca alla quotidianità, per passare poi ad un’arte senza volume, senza chiaroscuro, senza prospettiva, dove bisogna cogliere la natura più profonda inscritta all’interno del soggetto e non riconoscibile ad un primo superficiale sguardo. Protagonista assoluto delle opere di Turcato è il colore, cui viene restituita la sua condizione primaria e diventa “struttura della luce” , occultando la visione del reale in quanto contingente, e introducendo il nuovo: un viaggio nell’immaginario dove la figurazione viene recuperata attraverso il simbolo, che veicola significati profondi, interrompendo qualsiasi legame convenzionale che intercorre tra soggetto e oggetto così da raffigurare l’invisibile che rappresenta la vera energia che anima la realtà.

L’idea di Turcato non si ferma all’utilizzo particolare del colore che si fa luce: l’artista mantovano sente il bisogno di immergere la sua arte in un flusso che coinvolga tutte le espressioni, così da creare un’opera d’arte totale che possa stimolare tutti i sensi superando i limiti fisici della tela. È un esempio di ciò “Moduli in viola – Omaggio a Kandinsky”, all’origine della scultura “Superamento”, dove alla bellezza della scultura si unisce il fascino della luce e l’emozione della musica.

Molte sono le ricerche e gli studi intrapresi da Turcato che hanno rinnovato continuamente la sua arte: si avvicina infatti ai temi scientifici come l’intreccio e la sovrapposizione di aree cromatiche che rientrano nel suo progetto di individuare “colori oltre lo spettro”; si interessa molto della contaminazione di diversi materiali, inconsueti per la pittura come la gommapiuma, le sabbie, il catrame, l’olio, le polveri d’argento che inserisce nelle tele facendo sempre emergere un estro inventivo e fantastico, mantenendo sempre vivi il sogno, l’avventura, l’immaginario, per oltrepassare i limiti che la pittura stessa impone.

La grandezza di Turcato sta nell’essere riuscito a fare dell’arte il codice per interpretare il mondo in tutti i suoi aspetti: tutto nella sua visione diventa occasione per nuove invenzioni e nuove sperimentazioni.

BIBLIOGRAFIA

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