È la sala più grande della struttura, situata nella parte nord dell’edificio, al primo piano. È lo spazio che maggiormente si presta a mostre, esposizioni temporanee, meeting, convegni e conviviali, con una luce avvolgente che penetra dai grandi finestroni e che consentono al visitatore di contemplare l’arte senza isolarsi, ma rimanendo in comunicazione con il tessuto urbano. La particolare forma a semicerchio ed i pilastri portanti creano infatti una sorta di camminamento ideale per il visitatore che, entrando nella Sala ed ammirandone forme, proporzioni e cromie, si prepara a scoprire ciò che inizialmente viene celato o nascosto alla vista d’insieme. Lo spazio è intitolato a Gabriele d’Annunzio, nato a Pescara il 12 marzo 1863 da Francesco Paolo e Luisa De Benedictis, e adottato da uno zio benestante di cui aveva assunto il cognome d’Annunzio oltre che averne ereditato i beni. L’attenzione sulla formazione culturale del giovane Gabriele fu alta e presto comprese da che parte si indirizzasse la cultura letteraria del tempo, intuendo che i mass media giocavano un ruolo fondamentale per l’affermazione e il potenziamento della letteratura. Convinto dunque della necessità di un’ottima mediazione pubblicitaria per la diffusione letteraria, in occasione della pubblicazione della seconda edizione di Primo vere, d’Annunzio mise in scena la propria morte e comunicò la notizia ai giornali, smentendola poi con l’annuncio del suo libro: il tutto sortì l’effetto di attirare l’attenzione generale sul suo lavoro. L’estate del 1881 la trascorse a Pescara, dove coltivò l’amicizia con Francesco Paolo Michetti e con Francesco Paolo Tosti e si caricò di una serie di ispirazioni nuove che avrebbero influenzato la sua produzione poetica. Subito dopo fu a Roma, sede privilegiata di cultura e letteratura, dove Gabriele frequentò redazioni e salotti alla moda che gli permisero di inserirsi nell’ambiente. Dopo aver pubblicato i suoi primi due volumi, Canto nuovo e Terra vergine, tra il 1882 e il 1883 fu un continuo rincorrere avventure, amori, feste e convegni salottieri, mentre continuava a dedicarsi alle sue letture. Nel 1884, dopo aver trascorso del tempo in Abruzzo, torna a Roma dove si dedicò all’attività di giornalista, esperienza che costituì un’ulteriore occasione di apprendistato culturale. Dopo il 1885 d’Annunzio si trovò ad affrontare evidenti difficoltà economiche, dovute al tenore di vita irrequieto e al bisogno di circondarsi del lusso e del superfluo. Nel 1889 venne chiamato a prestare servizio militare e questo momento segnò un arresto nella sua produzione letteraria che aggravò maggiormente la situazione economica: pressato dai creditori che gli avevano fatto porre sotto sequestro i beni, chiese aiuto all’amico Michetti, che lo ospitò a Francavilla. Gli anni successivi Gabriele li dedicò al lavoro e agli amori, tant’è che nel 1893 la fama del Poeta raggiunse una dimensione europea. Nel settembre del 1894 si recò a Venezia, dove incontrò Eleonora Duse, uno dei grandi amori della sua vita. È il 1897 quando d’Annunzio decise di candidarsi alla Camera, nel Collegio di Ortona Mare: venne eletto e sedette sui banchi della Destra. Pian piano si delineò la vera indole di d’Annunzio, ossia di creatore e trascinatore di masse, indole che influenzò anche la sua produzione dove si riscontra un che di teatrale, di narcisista e di strumentale. Nel frattempo la condizione economica del Vate peggiora e, costretto a fuggire in Francia, vi rimase per cinque anni senza rinunciare alla vita lussuosa e raffinata di sempre. Si giunse così agli anni del conflitto mondiale, quando d’Annunzio decise di recarsi al fronte francese come inviato del Corriere della Sera, avviando un’azione di propaganda per l’entrata in campo dell’Italia a fianco della Francia e, dichiarata la guerra, volle arruolarsi. Terminato il conflitto si lanciò nell’impresa di Fiume, da cui uscì nel dicembre 1920 per ritirarsi nel Vittoriale. Morì improvvisamente la sera del 1° marzo 1938. Fu un uomo dotato di eccezionale talento, che seppe continuamente nutrirsi di idee, immagini, persone e cose per tradurle in pensieri e sensazioni; riuscì ad essere protagonista, ad interpretare ed esprimere l’atmosfera della crisi di fine secolo che attraversava la cultura dell’intera Europa.
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Sala d’Annunzio
È la sala più grande della struttura, situata nella parte nord dell’edificio, al primo piano. È lo spazio che maggiormente si presta a mostre, esposizioni temporanee, meeting, convegni e conviviali, con una luce avvolgente che penetra dai grandi finestroni e che consentono al visitatore di contemplare l’arte senza isolarsi, ma rimanendo in comunicazione con il tessuto urbano. La particolare forma a semicerchio ed i pilastri portanti creano infatti una sorta di camminamento ideale per il visitatore che, entrando nella Sala ed ammirandone forme, proporzioni e cromie, si prepara a scoprire ciò che inizialmente viene celato o nascosto alla vista d’insieme. Lo spazio è intitolato a Gabriele d’Annunzio, nato a Pescara il 12 marzo 1863 da Francesco Paolo e Luisa De Benedictis, e adottato da uno zio benestante di cui aveva assunto il cognome d’Annunzio oltre che averne ereditato i beni. L’attenzione sulla formazione culturale del giovane Gabriele fu alta e presto comprese da che parte si indirizzasse la cultura letteraria del tempo, intuendo che i mass media giocavano un ruolo fondamentale per l’affermazione e il potenziamento della letteratura. Convinto dunque della necessità di un’ottima mediazione pubblicitaria per la diffusione letteraria, in occasione della pubblicazione della seconda edizione di Primo vere, d’Annunzio mise in scena la propria morte e comunicò la notizia ai giornali, smentendola poi con l’annuncio del suo libro: il tutto sortì l’effetto di attirare l’attenzione generale sul suo lavoro. L’estate del 1881 la trascorse a Pescara, dove coltivò l’amicizia con Francesco Paolo Michetti e con Francesco Paolo Tosti e si caricò di una serie di ispirazioni nuove che avrebbero influenzato la sua produzione poetica. Subito dopo fu a Roma, sede privilegiata di cultura e letteratura, dove Gabriele frequentò redazioni e salotti alla moda che gli permisero di inserirsi nell’ambiente. Dopo aver pubblicato i suoi primi due volumi, Canto nuovo e Terra vergine, tra il 1882 e il 1883 fu un continuo rincorrere avventure, amori, feste e convegni salottieri, mentre continuava a dedicarsi alle sue letture. Nel 1884, dopo aver trascorso del tempo in Abruzzo, torna a Roma dove si dedicò all’attività di giornalista, esperienza che costituì un’ulteriore occasione di apprendistato culturale. Dopo il 1885 d’Annunzio si trovò ad affrontare evidenti difficoltà economiche, dovute al tenore di vita irrequieto e al bisogno di circondarsi del lusso e del superfluo. Nel 1889 venne chiamato a prestare servizio militare e questo momento segnò un arresto nella sua produzione letteraria che aggravò maggiormente la situazione economica: pressato dai creditori che gli avevano fatto porre sotto sequestro i beni, chiese aiuto all’amico Michetti, che lo ospitò a Francavilla. Gli anni successivi Gabriele li dedicò al lavoro e agli amori, tant’è che nel 1893 la fama del Poeta raggiunse una dimensione europea. Nel settembre del 1894 si recò a Venezia, dove incontrò Eleonora Duse, uno dei grandi amori della sua vita. È il 1897 quando d’Annunzio decise di candidarsi alla Camera, nel Collegio di Ortona Mare: venne eletto e sedette sui banchi della Destra. Pian piano si delineò la vera indole di d’Annunzio, ossia di creatore e trascinatore di masse, indole che influenzò anche la sua produzione dove si riscontra un che di teatrale, di narcisista e di strumentale. Nel frattempo la condizione economica del Vate peggiora e, costretto a fuggire in Francia, vi rimase per cinque anni senza rinunciare alla vita lussuosa e raffinata di sempre. Si giunse così agli anni del conflitto mondiale, quando d’Annunzio decise di recarsi al fronte francese come inviato del Corriere della Sera, avviando un’azione di propaganda per l’entrata in campo dell’Italia a fianco della Francia e, dichiarata la guerra, volle arruolarsi. Terminato il conflitto si lanciò nell’impresa di Fiume, da cui uscì nel dicembre 1920 per ritirarsi nel Vittoriale. Morì improvvisamente la sera del 1° marzo 1938. Fu un uomo dotato di eccezionale talento, che seppe continuamente nutrirsi di idee, immagini, persone e cose per tradurle in pensieri e sensazioni; riuscì ad essere protagonista, ad interpretare ed esprimere l’atmosfera della crisi di fine secolo che attraversava la cultura dell’intera Europa.